Posted on: Gennaio 30, 2022 Posted by: marco Comments: 0

Nei mesi in cui ci si interroga sulla scienza e aumenta lo scetticismo verso di essa, c’è ancora chi ha il coraggio di crederci e non demordere. Chi pur non potendo partire nell’immediato inizia a programmare la prossima missione, il prossimo viaggio della speranza. Perché è questo il loro lavoro, usare la scienza per dare speranza. Questo mese vi raccontiamo la storia di un’associazione che ha la capanna a Veglie e il cuore in Vietnam. In questo viaggio, la nostra Anna Chiara, si è lasciata guidare dalla dottoressa Aurelie Chiappinelli, presidente dell’associazione Thien Nhan & Friends Italia.

Buona lettura…

Ci presenti l’Associazione, di cosa si occupa e qual è la vostra mission?
L’associazione Thien Nhan and Friends – Italia, di cui sono orgogliosa Presidente, si occupa di curare bambine e bambini che necessitano di interventi chirurgici sull’apparato genitale e urinario. I medici sono degli specialisti in chirurgia Pediatrica che si dedicano a questo particolare aspetto della specialità, cioè alla Urologia Pediatrica.
I bambini che prendiamo in carico sono nati affetti da gravi patologie malformative dell’apparato genitale e urinario, oppure vittime di incidenti che hanno causato problemi complessi di questi organi. Si tratta spesso di disabilità poco visibili, ma non per questo meno gravi.  Difetti deturpanti fonte di sofferenza fisica e psicologica, di forte disagio e grandi difficoltà nei rapporti interpersonali, oltre che naturalmente di importantissimi problemi di salute.
La nostra attività si svolge principalmente in Vietnam ma contribuiamo ad aiutare famiglie italiane che per necessità di doversi spostare in altra città per interventi chirurgici complessi hanno bisogno di sostegno economico per la lunga degenza post-intervento.

Come nasce il legame tra voi e il Vietnam?
Mi piace ricordare che non abbiamo noi “scelto” il Vietnam, ma piuttosto è stato questo Paese a scegliere noi e a far partire il nostro progetto.
Tutto nasce ormai 11 anni fa, quando il Dottor Roberto De Castro, urologo pediatra la cui bravura é riconosciuta a livello internazionale, ricevette una richiesta di consulenza da una Università Americana per il caso molto particolare di un bambino vietnamita che alla nascita fu abbandonato dalla madre nella Giungla e sbranato vivo dagli animali selvatici. Fu trovato da un gruppo di monaci tibetani in ritiro spirituale, che lo portarono nell’ospedale più vicino.
Stava morendo dissanguato, gli animali avevano portato via a morsi tutto l’arto inferiore e la parte inferiore dell’addome, in particolare tutti i genitali esterni.
Il neonato fu miracolosamente salvato e la storia ebbe naturalmente molta risonanza mediatica nel paese, al punto che il piccolo fu adottato da una giornalista locale, May An, già madre di 2 bambini, che assieme al filantropo Greig Craft cercarono di dare al bimbo un futuro dignitoso. Dal Vietnam la richiesta di cure arrivò negli USA e da lì a… Lecce, dove il Dottor De Castro lavorava.
Lui naturalmente acconsentì a visitare e poi operare il piccolo, che per il primo intervento venne in Italia, con una spesa per la famiglia difficilmente sostenibile. Allora fu deciso che il secondo intervento ricostruttivo fosse condotto in Vietnam e così fu… Al suo arrivo lì, però, il Dottor De Castro trovó non solo Thien Nhan (a proposito questo nome in vietnamita vuol dire Miracolo) ma anche tanti altri bambini accompagnati dalle loro famiglie, speranzose di far curare i loro bambini.
Quando tornò in Italia e raccontò tutto questo, decidemmo di strutturare una prima missione e da li abbiamo poi dato vita alla Associazione di Volontariato, con la quale abbiamo realizzato 14 missioni e operato centinaia di bambini.

Come sta oggi Thien Nhan?
Oggi Thien Nhan è un ragazzetto felice, un po’ schivo, molto legato alla sua famiglia.
È soprattutto il primo bambino, quello del Miracolo, da cui poi è nato un altro Miracolo, cosi ci piace pensare al lavoro che portiamo avanti con l’Associazione.
L’incredibile storia di Thien Nhan, e delle nostre missioni, è raccontata in modo toccante nel libro scritto proprio da Roberto De Castro “il bambino e le belve” edito da Baldini e Castoldi. I proventi della vendita del libro serviranno a finanziare le nostre missioni.

Come si finanzia la vostra associazione?
Siamo una piccola Associazione: per realizzare le missioni, che sono di 1 o 2 all’anno, ci finanziamo con offerte volontarie di chi ci conosce e che vuole sostenere i nostri progetti. Inoltre grazie al 5 per mille, che molte persone scelgono di destinare a Thien Nhan and Friends, riusciamo a portare avanti la nostra missione.
Grazie all’aiuto di tutte queste persone curiamo tanti bambini. Uno dei crucci che ci portiamo dietro è poter in qualche modo trasferire i ringraziamenti che noi lì riceviamo fisicamente, ai nostri sostenitori lontani.  A noi infatti arrivano direttamente i sorrisi riconoscenti delle famiglie che curiamo, ed è sempre molto emozionante l’impegno che ci mettono le persone nell’esprimere la loro gratitudine, la tangibile contentezza che dimostrano per aver alleviato le sofferenze dei loro bambini. Il loro sforzo è commovente, come il sorriso imbarazzato di questi bimbi quando ci riconoscono e ci rincorrono dicendo Bac-sy (che significa Dottore).
Naturalmente nulla sarebbe possibile senza l’aiuto concreto di chi ci sostiene.

Come riuscite a mettere insieme medici provenienti da diverse parti del mondo, con culture e lingue diverse?
Questo è un aspetto che mi piace molto, attualmente si sono uniti colleghi che vengono dalla Russia e dagli Stati Uniti, anche se per lo più siamo medici italiani. Ma sul posto c’è una vera e propria squadra organizzatissima, coadiuvata da Greig Craft e May Anh, che con l’insostituibile supporto di un folto numero di volontari locali aiuta, tra le altre cose, a fare da interprete tra noi e le famiglie durante gli ambulatori o subito dopo un intervento per spiegare come è andata.
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare persone fantastiche, pronte ad aiutare e soprattutto capaci di farlo praticamente.

Quanto ha inciso il covid-19 nel vostro lavoro in Vietnam?
Ovviamente con l’avvento della Pandemia anche le nostre missioni sono rimaste sospese, con grosso rammarico nostro e vera e propria disperazione per le famiglie che aspettavano il loro momento… Abbiamo organizzato degli ambulatori “online” e discusso di alcuni casi complessi, ma aspettiamo il momento per poter ripartire.

Avendo vissuto una realtà dove la gente darebbe la vita per ricevere cure mediche, un pensiero sui no vax.
Non credo ci sia bisogno di scomodare gente per cui curarsi è ancora un lusso (non dimentichiamo infatti che in Vietnam la Sanità non è alla portata di tutti, e il posto in Ospedale non è gratuito). Mi basta invece pensare a tutti coloro, tantissimi, che si sono ammalati prima della disponibilità dei vaccini e che non sono sopravvissuti.  Cosa avrebbero dato, loro, per non morire da soli in situazioni così disperate? Non accogliere la possibilità di evitare questo tipo di situazione è un grave affronto alle famiglie di queste persone. Sono molto consapevole del privilegio che abbiamo.

Quanti volontari conta la vostra associazione e come si ramifica sul territorio? Tra i tanti volontari avete anche dei vegliesi in squadra?
L’equipe medica è composta da circa 15 specialisti che si alternano (sette/otto per ogni missione) che vengono da tutta Italia, alcuni ci raggiungono anche da altri stati. Veglie è sempre stata molto presente, con diverse iniziative per raccolta fondi, con i salvadanai dell’Associazione presso alcune attività, con donazioni private da parte di singoli cittadini o di imprese.

A quando la prossima missione?
Sicuramente è ancora presto data la situazione pandemica, ma ce la stiamo mettendo tutta per poter partire in novembre 2022.

Intervista a cura di Anna Chiara Coppola