Posted on: Dicembre 19, 2020 Posted by: marco Comments: 0

Arte, questa sconosciuta. È opinione diffusa che l’Arte sia qualcosa di nicchia, che pochi possono comprendere realmente. C’è chi ne ha fatto un dogma, c’è chi un lavoro, c’è chi è appassionato, chi la usa per rimorchiare e chi, invece, un vero e proprio stile di vita.
La storia vegliese che state per leggere parla del più giovane docente universitario d’Italia, uno di quelli che legge le tesi dei propri laureandi e le conserva! Parla di un ragazzo che non butta via i libri e che costruisce con le sue mani gli attrezzi che impiegherà per la realizzazione delle sue opere.
Il giovane scultore Francesco Paglialunga, classe 1991, un artista sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e di tutto ciò che il mondo può offrigli. “Non mi definisco un artista, per essere artisti bisogna prima conoscere il mondo e quello che può darci, per poi dire: questa è arte!”.

Ecco la sua storia…

Parlaci di te, da dove è nata la tua passione?

L’arte per me non è solo una passione, è una parte della mia vita, uno stimolo continuo per conoscere e scoprire.  Il territorio in cui vivo sostanzialmente ha formato la mia cultura artistica, il legame con la terra ha coltivato in me una profonda sensibilità. Sin da piccolo sono stato sempre a contatto con l’arte. Mio nonno aveva la passione per l’intaglio del legno d’ulivo, mio padre Angelo, da autodidatta si è avvicinato alla scultura e in particolar modo alla pittura. La mia passione per l’arte, posso dire che è nata con loro. Tutto ha inizio dalla vivacità che contraddistingueva il mio carattere durante l’infanzia. Mio padre per punizione mi portava nel suo studio (il mio attuale laboratorio di scultura) e io restavo a osservare per ore mentre dipingeva. Crescendo decisi di abbracciare l’arte e proseguire i miei studi, dapprima all’Istituto Statale D’Arte G. Pellegrino di Lecce. Successivamente feci un tirocinio formativo presso una bottega del restauro d’arte sacra in cartapesta, per poi continuare i miei studi all’Accademia delle Belle Arti di Lecce. Da allora non mi sono mai fermato. Ho partecipato a diversi simposi e concorsi nazionali e internazionali sulla SCULTURA MONUMENTALE, ho seguito uno stage presso la Royal Academy of Fine Art di Londra e sono stato assistente dello scultore GIANPIETRO CARLESSO presso la Ronchini Gallery sempre a Londra. In seguito, ho preso servizio presso l’Accademia delle Belle Arti FIDIA di Vibo Valentia, dove tutt’ora sono docente di scultura e di tecniche e tecnologie del marmo e delle pietre dure.

Tuo nonno intagliava il legno, tuo padre scolpiva il legno e dipingeva, tu?

Ho iniziato il mio percorso artistico, utilizzando come materiale per le mie opere la pietra leccese, specializzandomi successivamente nella scultura monumentale in marmo e pietre dure. Lavoro tutti i materiali dalla carta, al legno, alla pietra, al vetro, al gesso, al ferro, ma anche tutti quei materiali che spesso non vengono presi in considerazione, perché potrebbero essere definiti non adatti. Io sono del parere che con qualsiasi cosa si può creare arte, bisogna saper guardare oltre, perché non è solo il medium utilizzato che definisce un’opera “ARTE”, ma anche la creatività, la conoscenza delle cose, la curiosità e lo spirito della scoperta dei luoghi, che mi hanno sempre contraddistinto. In questi mesi sto lavorando a un progetto artistico, realizzando un parco della scultura, presso la dimora storica dei baroni Personè a Nardò, realizzando opere scultoree dagli alberi di ulivo colpiti dalla Xylella, ormai morti, con lo scopo di donargli una nuova vita con la mia arte e tentare di salvare la cultura del nostro territorio e della nostra terra.

Dove trovi i materiali per le tue opere?

Di solito uso materiali lapidei, massi di “pietra viva” recuperati nelle campagne o marmi e graniti reperiti direttamente dalle cave. Non mi precludo però, di prestare attenzione anche ai materiali di risulta di qualsiasi genere. La fase della scelta del materiale mi affascina molto. Vado alla ricerca e alla scoperta dei materiali che caratterizzano un luogo, portandomi ad avere uno stretto contatto con la natura e a instaurare un rapporto quasi intimo con la materia. Spesso è la materia stessa o un masso inerte di pietra a dirmi cosa creare.

Quale stile artistico caratterizza la tua arte, il figurativo o l’astratto?

Credo che l’arte non debba essere classificata per stili artistici, poiché ogni artista esprime nelle proprie opere il proprio carattere differente da persona a persona. La sola distinzione che farei è tra opere figurative o astratte. Ciò che mi coinvolge è l’arte astratta, perché porta il fruitore a porsi delle domande e a stimolare il suo pensiero creativo. La mia ricerca artistica si sviluppa negli anni e tutt’ora continua a mutare, raggiungendo una sintesi formale che ne contraddistingue uno stile. Ciò che punto a trasmettere nella materia, attraverso l’astratto, è “una forza” (sic). Chi fruisce di una mia opera astratta deve essere coinvolto e attirato dalla precisione dei dettagli e delle curve che si contrappongono a geometrie, sottolineandone l’eleganza dell’opera.

Da dove nascono le idee per la realizzazione delle tue opere e quanto tempo impieghi per completare un’opera? Come intervieni quando ci sono degli imprevisti (ad esempio se in fase di lavorazione una scultura si rompe)?

Osservare e avere una diversa percezione visiva delle cose è una caratteristica importante che mi contraddistingue. La mia attenzione ricade in particolare nei dettagli che caratterizzano il soggetto, quei dettagli che a molti sfuggono o ritengono meno importanti, ma che per me possono diventare arte. La natura posso dire, è la prima maestra di vita per l’uomo, essendo essa stessa una immensa opera d’arte. La materia da utilizzare per la realizzazione delle mie opere assume un’importanza primaria e mi porta a capire e a riconoscere la presenza di rotture, intrusioni minerali e fossili. Numerose caratteristiche che rendono fragile e friabile il marmo. Se non prese in considerazione queste caratteristiche, si rischia di rompere l’opera nelle fasi di lavorazione. Con gli anni ho imparato a gestire la pietra e a riconoscerne il suono delle scalpellate per non creare rotture e danni irrecuperabili nella scultura. In alcuni casi, ti ritrovi a confrontare con piccoli sedimenti di terra o fossili. Questi “difetti”, in alcuni casi portano a dover modificare il progetto originario, rare volte a dover abbandonare il blocco e ricominciare tutto daccapo, in altri casi invece, ho deciso di farne di questi difetti una caratteristica, evidenziandone la particolarità e dandone risalto. Il tempo non è un fattore importante per me. Un’opera può essere eseguita in cinque minuti o settimane o impiegando addirittura anni.

La tecnologia sta cambiando anche il mondo dell’arte, cosa pensi delle stampanti 3D?

Le macchine a controllo numerico, oggi sostituiscono parte del lavoro umano nelle fasi di realizzazione di opere scultoree in marmo, raggiungendo una capacità esecutiva e di finitura del marmo davvero notevole. Grazie alla modellazione del prototipo in 3D o addirittura con l’ausilio della scansione digitale 3d, si ha la possibilità di creare il progetto ideato, correggere eventuali errori e vedere in anteprima il risultato finale del lavoro. La scultura digitale, oggi ha raggiunto un punto tale da poter realizzare persino una fusione di una statua in bronzo. Tutto parte dalla progettazione tramite software, per poi passare alla realizzazione di prototipi in scala reale con le stampanti 3D. Anche la scultura in marmo si può realizzare con le stampanti 3d, utilizzandone i residui della lavorazione per creare una eco-miscela. Io sono propenso all’impiego dei robot, ma fino a un certo punto. Lo scultore riesce, a differenza di una macchina, a donare all’opera un’anima, trasferendo attraverso le sue mani quelle sensazioni e quella coscienza che il robot non possiede. Di questo cambiamento ne parlo anche nei miei libri, analizzando l’evoluzione della scultura monumentale contemporanea in marmo e pietra descrivendone le differenze rispetto al passato e il loro adattamento con le nuove tecnologie.

Quindi, dai più valore all’opera realizzata dall’artista piuttosto che a quella realizzata da una stampante 3D?

Questo aspetto va analizzato e confrontato applicandolo a differenti situazioni. Inizio col dire che il valore comunicavo ed espressivo è già di per sé l’opera, il valore formale ed estetico invece la completa. La modalità pratica di realizzazione dell’opera è solo un aspetto secondario, perché il valore non dipende né dall’artista che la realizza né da una stampante 3D, dando così importanza al nome dell’artista o al tipo di robot.  Bisogna dare valore all’opera, concentrando l’attenzione sulle sensazioni che ci trasmette. Nella realizzazione di sculture figurative, l’opera realizzata dall’artista può acquisire a mio parere più valore rispetto a quella del robot o della stampante 3D. Non parlo di valore economico, ma valore artistico. In questo caso per dare espressione a un volto o per creare quei dettagli di rughe e pelle, si deve dare importanza al tratto e al segno. A differenza, un computer che trasferisce i dati digitali a un robot o a una stampante 3D darebbe un segno completamente omogeneo, freddo e non espressivo. Quindi, a mio parere posso dire che parte del lavoro la può fare anche il robot, ma per la finitura e il dettaglio si ha bisogno dell’artista che ne lascia la firma con il proprio tratto e segno.

Come si dà anima a un’opera?

È sempre una questione di espressione personale. Devi esprimere te stesso ed essere te stesso, lì c’è l’anima e la forza. L’anima la si infonde solo una volta trovato e raggiunto il proprio legame intimo con la pietra. È una fase impercettibile che avviene inconsapevolmente grazie all’amore e alla passione con cui si realizza l’opera.

 

Per leggere l’intervista integrale clicchi qui: Tra le pieghe dell’arte | Francesco Paglialunga – Intervista integrale

 

Intervista a cura di Marco Palma e Giorgio Cappello
Foto galleria: Francesco Paglialunga | Copertina: Giorgio Cappello